BRUSKERS GUITAR DUO
Dal 2003 sono accadute queste cose
BIOGRAFIA
Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi, il Bruskers Guitar Duo, sono stati definiti dalla stampa specializzata come “due figure di primo piano del variegato mondo della chitarra” e “fonte di ispirazione per i chitarristi”. Il repertorio del duo è caratterizzato dalla rivisitazione di standard della tradizione jazz, colonne sonore, oltre che dall’esecuzione di brani originali. La scelta di affrontare il repertorio jazzistico è il pretesto per far incontrare su un terreno comune i due artisti, caratterizzati da due diverse anime musicali: classica e moderna.
L’attività concertistica dei Bruskers inizia nel 2003 con la partecipazione a festival di artisti di strada, sia in Italia che all’estero. In seguito i Bruskers sono stati invitati a festival chitarristici internazionali (tra cui Acoustic Franciacorta, Plovdiv International Guitar Festival, Sarzana Acoustic Guitar Meeting, Madame Guitar Festival, Un Paese a Sei Corde, Pizzicar de Corda, Arte a 6 Corde, San Benedetto Acoustic Guitar Festival), a importanti rassegne in teatri e auditorium, e a festival estivi. Hanno all’attivo collaborazioni con attori, tra cui spicca quella con Ivano Marescotti.
Con l’etichetta discografica specializzata Fingerpicking.net hanno pubblicato gli album “Guitar Sketch” (2009), “Addition” (2011) e “Four Hands Party” (2016) recensiti positivamente dalla stampa di settore italiana ed estera e che sono stati venduti in tutti i paesi europei, America e Giappone.
Bruskers hanno suonato in Italia, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Spagna, Austria, Bulgaria, Belgio, Ungheria e Portogallo, in duo o come solisti della Lybra Guitar Orchestra. Parallelamente all’attività concertistica sono impegnati nell’ambito della didattica.
Hanno inoltre pubblicato il manuale “Una Chitarra per…DUO”, edito da Fingerpicking.net e distribuito in Italia da Curci Editore.
Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi sono direttori artistici della rassegna chitarristica “LybrAcustica”.
Recensioni degli album
FOUR HANDS PARTY (2016) – RECENSIONI
Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi a.k.a. “Bruskers Guitar Duo” giungono con “Four hands party” al loro trezo pregevolissimo CD, che prosegue il sentiero tracciato con “Guitar Sketch” del 2009 e con il seguente “Addition”, pubblicati dalla benemerita etichetta fingerpicking.net. Come già detto su queste pagine in sede di recensione del secondo disco, inutile soffermarsi sulla sopraffina tecnica dei due chitarristi, che consente loro di affrontare il repertorio con grande naturalezza, giocando anche sfrontatamente con alcuni brani che rappresentano la storia della musica del ‘900. In particolare offrendo un originale “punto di vista” dell’immortale “Summertime” di George Gershwin – uno dei brani che vantano il maggior numero di imitazioni -, oppure con un altro standard come “Yesterdays” di Jerome Kern, e ancora arrangiando la ballad “Fragile” di Sting: ma c’è posto anche per la musica italiana, per Renato Carosone ad esempio, o Fiorenzo Carpi e le sue melodie scritte per Pinocchio. Anche questo brano amato da molti jazzisti e che nelle 4 mani del Bruskers duo assume nuovi colori e sfumature. Ma non ci sono solamente interpretazioni di brani altrui, ci sono due originali e perfino riletture di tradizionali coreani; già perché Minozzi e Polacchini sono ben conosciuti nell’ambiente chitarristico internazionale, dove si sono costruiti una solida reputazione non solamente attraverso i CD ma soprattutto portando la loro musica in giro per il mondo. Musica che negli anni non ha perso la spinta iniziale ma si è anzi evoluta e perfezionata, facendo diventare i Bruskers uno dei più interessanti duo di chitarre in circolazione. Bravi.
A dispetto delle suggestioni cui il loro nome richiama, la musica acustica del Bruskers Guitar Duo perderebbe probabilmente le sue peculiarità fondanti se eseguita agli angoli di una strada, stretta tra rumori ed ascolti distratti. “Four Hands Party” – interamente giocato sull’interazione tra le chitarre di Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi – guarda infatti sicuramente al lato più intimista del genere. 11 brani in cui compaiono standard jazz, rivisitazioni di esotici traditional, composizioni originali. Le note di copertina ci guidano nel caso ci si voglia dilettare a cogliere le diversità degli strumenti e degli stili (possiamo ascoltare Polacchini prevalentemente sul canale sinistro e Minozzi su quello destro): in realtà tutto il lavoro è basato sul costante interplay creativo tra i due superbi musicisti. Se in alcuni momenti il lavoro ritmico e quello solista sono forse maggiormente distinguibili (è il caso delle riletture di classici jazz come Yesterdays e Summertime), in altri si snodano vere e proprie conversazioni chitarristiche ( la mini suite “Music From Pinocchio”, la delicatissima “Airang” – niente meno che una canzone tradizionale coreana) in cui padrona assoluta è l’emozione nelle sue sfumature più discrete. É grazie a questo connubio di abilità strumentistica, sensibilità armonica e ricerca ritmica che “Four Hands Party” riesce a spiccare nettamente in un ambito – quello del duo acustico – che conta innumerevoli precedenti illustri. “Four Hands Party” è una lezione impeccabile di affiatamento e tecnica musicale: ma non saranno solo gli esperti del genere a goderne.
Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi , ossia Bruskers Guitar Duo , sono due virtuosi della chitarra, che, con il loro recente Four hands party, sono giunti al loro terzo disco: questa volta è il turno di alcuni autori rappresentativi del ‘900. Così, dalle mani abili e dal tocco espressivo del duo passano standard inossidabili, come Summertime di George Gershwin, oppure Yesterdays di Jerome Kern, fino a futuri classici, come Fragile di Sting, senza dimenticare Renato Carosone, o Fiorenzo Carpi e i suoi brani scritti per Pinocchio, in una suite originale e convincente. Nel disco però sono presenti anche composizioni originali, che confermano la bravura creativa dei chitarristi, e riletture di tradizionali coreani come Airang; quello che colpisce dall`ascolto dei pezzi, però, non è solo la poliedricità delle scelte, tipica del duo, che si esibisce ovunque nel mondo e quindi ha nel repertorio un numero molto vasto di brani, ma soprattutto lo splendido affiatamento fra i due, che rende le esecuzioni intense e scintillanti, ricche di sfumature ironiche e di reinterpretazioni alla Bob Brozman. Non resta che frequentare il loro sito, per scoprire le date live, nelle quali sicuramente sapranno confermare le ottime impressioni del disco.
Il loro secondo disco, “Addition”, mi era particolarmente piaciuto per come era stato affrontato il repertorio, ed anche dal vivo Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi mi avevano piacevolmente convinto per l’intelligente approccio verso la musica per chitarra: serio, impeccabile ma anche ironico e pertanto molto originale, “alla Bob Brozman” per capirsi. E questo nuovo lavoro, “Four Hands Party” prodotto sempre dalla Fingerpicking Records conferma tutta la positività fin qui espressa dai due chitarristi. bruskersguitarduo_largeAnche in questo disco c’è una grande varietà nella scelta degli autori dei brani: da Sting (presente anche loro precedente lavoro) a Renato Carosone, da Jerome Kern a George Gershwin, riletture non pedisseque ma personalizzate grazie anche alla padronanza dello strumento ed a quella voglia di giocare con gli spartiti che non guasta mai (vedi l’interplay in “Tu vuo’ fa l’Americano” o i temi da “Pinocchio” di F. Carpi). E poi ci sono i brani originali, come “Tu hai torto, io ho ragione” scritto a quattro mani e quelli di derivazione popolare come i due temi della tradizione coreana come “Airang”. Un duo che piano piano si è costruito una meritatissima credibilità anche fuori dal nostro Paese, come dimostrano i concerti tenuti in Nordamerica, Corea del Sud ed in Germania. Guardate i video disponibili su You Tube e sul loro sito, vi divertirete e vi verrà voglia di approfondire……
ADDITION (2011) – RECENSIONI
Matteo Minozzi ed Eugenio Polacchini, questi i nomi dei due chitarristi che dal 2003 danno vita a questo eterogeneo duo chitarristico. Eterogeneo per la loro estrazione musicale (più ‘moderna’ per Minozzi, ‘classica’ per Polacchini), per gli strumenti utilizzati (una classica per Polacchini ed una silent per Minozzi) ed anche per la loro presenza live (misuratamente estroso Minozzi, più ‘impostato’ Polacchini). Il tutto, però, confluisce in un perfetto amalgama musicale, senza protagonismi o sterili individualismi, un ensemble chitarristico omogeneo che ha come obiettivo la ‘somma’ delle diverse personalita dei due musicisti, che ben si alternano nel ruolo di solista. E forse non a caso Addition è il titolo del secondo CD dei Bruskers. Fresco di stampa (Dicembre 2011) è anch’esso, come il primo Guitar Sketch, pubblicato dall’etichetta Fingerpicking.net. Tredici brani, attinti quasi esclusivamente dal mainstream jazz, tra i quali spiccano tre loro composizioni. E sono proprio queste che hanno maggiormente catturato la mia attenzione. Quasi in contrapposizione all’anima swing-gipsy-bossa che caratterizza il loro repertorio, Polacchini e Minozzi (una firma a quattro mani quella sugli originali) non mancano di esibire la loro vena più poetica, quasi intimista, riservando a “Cliffs of Moher”, “La Mamma e il Bambino” e “Dreams of a Black Cat” il compito di presentare un’altra faccia della loro eterogenea (appunto…) personalità musicale. L’ascolto del CD (per i più curiosi, Polacchini lo si ascolta sul canale sinistro, mentre Minozzi è sul destro) scorre piacevolmente tra i brillanti e originali arrangiamenti di alcune creazioni di veri e propri mostri sacri come Sonny Rollins (“Alfie’s Theme”), Quincy Jones (“The Midnight Sun Will Never Set) o ancora Django Reinhardt e Stéphane Grappelli (“Minor Swing” e “Nuages”). Senza voler tralasciare un classico intramontabile come “Blue Moon” della premiata ditta Rodgers & Hart, il CD si chiude con una particolarissima interpretazione di un classico del pop, stavolta, una “Englishman in New York” di Sting che vede Minozzi sempre alla silent, ma con Polacchini che intesse contrappunti ‘bassistici’ pizzicando un violoncello. Un lavoro molto curato, senza sbavature, godibilissimo, nell’ascolto del quale ci si dimentica quasi dell’esclusiva presenza della sei corde, coinvolti dal puro e semplice ascolto della musica. Per quanti lo desiderino, è possibile approfondire la conoscenza dei Bruskers e vederli live grazie ai video presenti nelle apposite sezioni del portale Fingerpicking.net e del loro sito www.bruskers.com.
The Bruskers are guitarists Matteo Minozzi and Eugenio Polacchini. Based in Italy, they’ve performed together since 2003, playing concerts throughout Europe as a duo and as members of the Lybra Guitar Orchestra. addition+ is their second CD, which includes three fine originals, some jazz (both standards and rarities), and popular tunes. Improvisation is a key element of everything the Bruskers play (check out “Jersey Bounce” and “Minor Swing”), although their approach to time, dynamics, and harmony reflects their own vision, rather than any dominant jazz tradition (e.g., swing, Latin, gypsy, or smooth jazz). Their attack tends to be fairly soft, and their timing rhythmic without an insistent pulse. This restraint rewards the listener, who will be pleasantly surprised by their charming, inventive arrangements of familiar tunes like “Blue Moon,” “Nuages,” and “Lullaby of Birdland.” Of Minozzi and Polacchini’s three originals, I most enjoyed “La Mama e il Bambino,” which is an unhurried, unabashedly romantic conversation between the two guitarists. Their two other compositions, “Cliffs of Moher” and “Dreams of a Black Cat,” reflect a New Age calm and playful impressionism, respectively. The closing number, Sting’s “Englishman in New York,” is played by Minozzi on guitar and Polacchini on pizzicato cello, and adds some nice variety. The Bruskers’ website offers a slew of great performance and instructional videos and free downloads of selected scores (in February, “Take Five” and “Blue Moon” were offered). This disc offers great music, presented with originality and taste. I recommend it for pleasurable listening and as a source of inspiration for guitarists.
In Mahler’s words “A symphony must be like the world. It must contain everything.” Although not a symphony, the analogy comes to mind after listening to the second album of Italian guitarists Matteo Minozzi and Eugenio Polacchini aka The Bruskers. “Addition” contains a suite of 13 miniatures or “movements” harmoniously integrated in an unitary stylistic “world” where classical and modern reach a refined level of fusion. The impeccable connection between the personalities of these 2 virtuoso musicians previously displayed on their first album, is clearly discernible on “Addition” and is not surprising that the result is again enchanting. Yet there are many surprises on their new album that features nine jazz standards, three original compositions and a pop song. But these numbers do not tell about the essence of expression and clarity of music which is not only enjoyable but also touching. What is delightful in the first place is the duo’s personal perspective on evergreens such as Kendall Bright’s Bright Boy, played here in an improvisational ingenious free style or the fresh flavored Minor Swing. Lullaby of Birdland receives a subtle bluesy-classical aura while Blue Moon is distilled through a classical filter. Finally a leitmotif from Sting’s Englishman in New York is developped in a clever improvisation. On the original compositions we can appreciate the duo’s grace and inventivity that goes from a well tempered romanticism on “Cliffs of Moher” to a lyrical-capricious exchange on “Dreams of a black cat” . Notable the heart warming “La mamma e il bambino” a ballad of refined beauty. Yet delicacy does not mean lack of vigour or depth, “Addition” abounds in dazzling colors, rhytm breaks, humorous, joyful exhanges, unexpected twists and turns masterfully balancing composition with virtuosity. A special album for intimate moments.
Il diavolo e l’acqua santa non sono stati mai così bene insieme. Eugenio Polacchini alla chitarra classica e Matteo Minozzi alla “moderna” riescono nel miracolo di mettere perfettamente d’accordo due stili così diversi. Magari molti puristi storceranno il naso, ma questa accoppiata funziona davvero e, se dal punto di vista tecnico non azzardo giudizio non essendo musicista, parecchie altre cose si possono dire ascoltando questo “Addition”. Il piacere di suonare insieme, di dialogare con la musica per esempio, la scelta di un repertorio che pur affrontando “pezzi da novanta” già suonati da moltitudini di chitarristi evita il mero e stucchevole esercizio stilistico, la capacità di comporre e di arrangiare in modo intelligente, tutto finalizzato alla realizzazione di un disco – per loro è quello d’esordio – che risulta infine piacevole, molto piacevole, e che ascolto dopo ascolto piace sempre di più. E allora via con il bel arrangiamento in omaggio al “Saxophone Colossus” e proseguendo con due rivisitazioni del repertorio di Reinhardt (i due super classici “Nuages” e “Minor swing”) ad esempio, o le tre introspettive composizioni originali, o ancora le riletture di Duke Jordan e della premiata ditta Rodgers – Hart fino alla conclusiva traccia, una bella esecuzione di una delle più celebri canzoni di Sting. Certo, per ora ci accontentiamo di tre “originali”, ma confessiamo la curiosità di ascoltare in un prossimo futuro un intero disco di brani originali della coppia Polacchini – Minozzi. Nella speranza anche che i due musicisti riescano a far veicolare questo “Addition” come merita, viste le difficoltà quasi insormontabili che la distribuzione discografica sta attraversando in questi anni; la vendita porta-a-porta resta l’opzione migliore. Anche perché, vista la bellezza del disco, è difficile resistere al suo acquisto dopo un concerto.
Nouvel album “ADDITION” pour Bruskers duo jazz Aprés leur précedent album “Guitar sketch” les deux compères Italiens Eugenio Polacchini et Matteo Minozzi nous proposent leur nouvel album”ADDITION”. Du jazz revisité à la sauce “Bruskers”,deux guitaristes qui osent avec beaucoup d’originalité interpréter des standards comme “nuages” “minor swing” et autre “blue moon” une musique joyeuse et tout en finesse, un duo à découvrir.
Amanti del cross-over, udite udite, perché c’è un annuncio importante da fare! Tutti coloro che non hanno mai immaginato davvero credibile un Sonny Rollins o un Quincy Jones privati di uno dei loro mastri strumenti quale il sax e della propria band, o uno Sting senza Sting alzino la mano, perché è giunto il momento di farvi cambiare idea. Se in matematica, permutando l’ordine dei fattori il risultato non cambia, in musica, cambiando i musicisti, il risultato è “Addition”, nonché secondo recentissimo lavoro del duo chitarristico modenese Bruskers. Questa formazione è nata dall’addizione di due realtà del medesimo emisfero, che ne fa il vero valore aggiunto: la tradizione classica, di cui si fa portavoce Eugenio Polacchini, e la dimensione non accademica rappresentata da Matteo Minozzi. Come nel loro precedente progetto “Guitar Sketch” (2009), anche questa volta i Bruskers propongono rivisitazioni di standard jazz e brani della tradizione pop più o meno famosi: da “Blue Moon” di Rodgers-Hart e “Minor Swing” dell’immenso Django sino a “Englishman in New York” di Sting -che per l’occasione sente un inedito Eugenio Polacchini al violoncello- apparentemente del tutto fuori luogo… e invece! “Lavorare su proprie composizioni inedite è un’esperienza indubbiamente attraente”, sostiene Matteo Minozzi, “e sicuramente ben accolta” viene da ribattere: tanto è vero che questa volta sono ben tre i brani presentati in prima assoluta, di produzione rigorosamente propria. Azzardo? Tutt’altro! “La mamma e il bambino” e “Dreams of a black cat” sono interventi di carattere meditativo che bene sospendono la marcia marcatamente ritmica e incalzante del discorso musicale globale che, oltre a esser egregiamente eseguito, risulta essere molto raffinato e mai banale, soprattutto nel lavoro di arrangiamento. Meritano infatti una menzione di lode la rivisitazione di “Alfie’s Theme” di Sonny Rollins -che non a caso apre il cd- e una quasi -piacevolmente- irriconoscibile “Blue Moon”. E chi non si fida delle parole, si fidi del proprio orecchio!
GUITAR SKETCH (2009) – RECENSIONI
Matteo Minozzi ed Eugenio Polacchini sono due ottimi musicisti di estrazione e formazione completamente differente – moderna il primo, classica il secondo – che nel 2003 hanno dato vita ai Bruskers. Come il nome stesso evoca, affascinati dalla vita dei musicisti di strada, hanno preso parte a moltissimi festival del genere, facendosi le ossa in giro per tutta l’Europa. Guitar Sketch, che è il loro primo lavoro in studio, raccoglie e condensa le belle esperienze di questi anni. Proprio nella diversità degli artisti sta il punto di forza di questo disco, che trae grande giovamento dalla tensione creativa che si viene a creare. Interamente basato su brani standard non è, e soprattutto non vuole essere, un disco di jazz in senso canonico; piuttosto vuole offrire spunti e punti di vista diversi sull’interpretazione di pezzi molto noti. Anche la scelta di utilizzare solo chitarre con le corde in nylon contribuisce a creare atmosfere particolari, grazie soprattutto all’intreccio con sonorità decisamente moderne e percussive. Il livello tecnico dei due è davvero notevole e si sente tutto il “mestiere” acquisito su quello che è forse il palco più impegnativo: la strada. Il disco è coinvolgente, le idee sono buone e non manca un buon groove. Forse i suoni delle chitarre sono un po’ troppo simili, ma è davvero un sofismo per malati di sei corde.
A volte le cose migliori nascono dall’incontro dei famosi opposti che si attraggono. In questo caso gli “opposti” sono i chitarristi acustici Matteo Minozzi ed Eugenio Polacchini, due strumentisti provenienti da ambiti musicali differenti che in Guitar Sketch hanno deciso di confrontarsi con numerosi standard moderni. L’interazione tra l’impostazione classica di Minozzi e quella jazzistica di Polacchini porta a risultati davvero interessanti. Ciò che risalta ascoltando il disco, è la qualità e l’imprevedibilità degli arrangiamenti, originali e dinamici soprattutto sotto l’aspetto ritmico. Il bel solo jazzy di Blue Bossa trova il suo crescendo grazie alle cadenzate percussioni di Minozzi, che insieme a Polacchini si lancia nella traccia successiva in una percussiva versione del Classico di Luiz Bonfa Black Orpheus. Splendide e indovinate le reinterpretazioni delle “ostiche” I remember Clifford (Benny Golson) e dell’intramontabile Take Five. Un bell’album.
Un duo chitarristico ben integrato può spesso superare un quartetto, come il L.A. Guitar Quartet, i cui arrangiamenti frequentemente sono senza lustro o costringono i musicisti a pestarsi i piedi .. ehm .. i frets. I Bruskers sono un gran duo. Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi presentano, a dirlo con le loro stesse autoironiche parole, “nuove idee per un jazz un po’ snob e non convenzionale”. Idee che, però, sono tutt’altro che snob, piuttosto fresche ed energiche, giocose ed intelligenti, così come ‘non convenzionali’ (nel senso di un esteso interplay, di scambi, di cambi di direzione) e leggermente ‘fusion’. In altre parole, tutto quello che vorreste ascoltare mettendo le mani sul L.A. Guitar Quartet, la cui fedeltà agli aspetti ‘moribondi’ del regno classico tende a soffocare. I Bruskers si muovono tra pezzi standard e… non molto standard, oltre ad un brano di Polacchini. Tra le scelte predominano ritmi latini, così sentiamo l’immortale “Black Orpheus” di Bonfa, il “Besame Mucho” di Velazques, rimbalzando verso lo stile che Al Di Meola ha adottato dopo il periodo con i Return to Forever: viaggiando, in altre parole, verso le musiche del mondo, sebbene ci sia in Guitar Sketch un grado di ingenuità simile a quello che troviamo anche nel lavoro che Al ha fatto con McLaughlin e De Lucia. Ogni tanto appaiono Kessel ed Herb Ellis, come nel brano “Little piece of C for U”, ed ho l’impressione che Polacchini & Minozzi siano per un ascolto eclettico, sento infatti Coryell, Byrd, Catherine, Hall ed altri, anche l’Hot Jazz (“All of Me”). La registrazione di Guitar Sketch è veramente cristallina, ogni singola nota è pura e non distorta, splendente ed effervescente. Ll’approccio dei due è molto vicino a quello delle jam bands, ma con una fine conoscenza che manca però agli stessi, da qui il mio termine di stile “light fusion” (che francamente è più che “leggero”, senza essere però come quello selvaggio degli anni ’70 britannici o di Miles). Se consideriamo i brani originali e quelli interpretati, dobbiamo dire che il risultato è avvincente e sorprendente. “Not Tomorrow” piacerebbe molto a Ralph Towner, il suo stile unico echeggia nell’arrangiamento, “Take 5” si discosta molto dalla tradizione, rinforzando però l’immortalità del brano. Dobbiamo, comunque, considerare ogni brano di Sketch come un bel diamante sfaccettato di arte moderna ed intelligenza.
In “Guitar Sketch” i virtuosi chitarristi italiani Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi danno una personale interpretazione di dieci celebri standard jazz. L’album include anche un bel brano composto da Eugenio Polacchini. E’ un sorprendente e vivace dialogo chitarristico, a volte intercalato da ironia, tra classico e jazz. La bellezza dell’album nel suo complesso si basa sull’ innegabile interazione fra i due musicisti. Le loro personalità musicali si completano reciprocamente, trovando spontaneamente i giusti spazi e telepaticamente il giusto sound in pochi attimi. Non si basano su “cliché”, il loro swing è caldo e visionario con una capacità inventiva che sorprende spesso l’ascoltatore.
Modenesi, mossi indubbiamente da uno spirito di ricerca, e appartenenti a mondi musicali differenti, classico l’uno, moderno l’altro, rispettivamente Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi sono meglio noti come i Bruskers. Autori di un interessante lavoro intitolato “Guitar Sketch”, si sono cimentati nella rielaborazione, e in alcuni casi, riscrittura di alcuni classici del jazz per sole due chitarre. Lo stile che ne scaturisce è virtuosistico, ma mai invasivo, mai circense, mai saturo, come spesso invece può accadere quando ci si addentra in un territorio così aperto alla libera improvvisazione. Polacchini e Minozzi infatti sanno creare sapienti intrecci contrappuntistici senza mai prevalere l’uno sull’altro e riuscendo a non rompere il sottile equilibrio scaturito da una visione d’insieme, che da un lato rispetta ed evidenzia quasi alla lettera la struttura dei brani originari, dall’altro rielabora con uno stile personale, quasi da marchio di fabbrica, senza mai calcare troppo la mano. Così avviene che un brano per grande orchestra come “Caravan” di Duke Ellington diventi ritmicamente più quadrato variegato e saltellante, e complessivamente più essenziale; allo stesso modo un classico come “All of Me” si sviluppa in una sapiente alternanza di vuoti e pieni, pause e contrappunti, perdendo il caratteristico andamento swing, vestendosi invece di un carattere multisfaccettato e arricchendosi di momenti che ne valorizzano un lato malinconico raramente messo in risalto in versioni precedenti; mentre il celebre “Blue Bossa” di Kenny Dorham diventa qui più che altro una samba ricostruita su un fraseggio suonato con note stoppate, con un senso di sospensione, tensione e rilascio. E ancora la Take Five di Dave Brubeck qui sembra quasi sospesa nel vuoto e ancora più ossessiva e ipnotica; l’omaggio al compianto trombettista Clifford Brown, “I Remember Clifford” firmato da Benny Golson torna alla sua essenza malinconica e guadagna una vena pop assolutamente inedita. Entusiasmante è la rilettura di “A Night In Tunisia” di Dizzy Gillespie; originalissimi gli intermezzi che aprono e sviluppano il tema di “Black Orpheus”; toccanti “Besame Mucho” e “Nature Boy”. La ciliegina sulla torta è “Not Tomorrow”, un brano misterioso, inquieto e spagnoleggiante, firmato da Eugenio Polacchini.
Due bravi ragazzi per due chitarre e due conflitti che covano, questi ultimi carburante di un disco che altrimenti sarebbe rimasto a metà tra il saggio virtuoso e l’impudente passatempo. Matteo Minozzi ed Eugenio Polacchini sono due chitarristi, già membri della Lybra Guitar Orchestra diretta da Mauro Bruschi, ensemble di venti elementi allestito dalla Scuola di Musica dell’Unione dei Comuni Modenesi dell’Area Nord. Ebbene, il primo conflitto nasce dalle diverse inclinazioni dei due, l’uno più accademico, l’altro più moderno, speziato jazzy da un lato, insolenntio classico dall’altro, l’intesa comunque ne usciva viva e anzi ringalluzzita. Tanto che i due – ed eccoci al secondo conflitto – decidono di portarla fuori dalle auliche stanze delle sale da concerto, per inseguire l’estro dei buskers, sulla strada dei suonatori da strada che li porterà ad esibirsi – apprezzati – un po’ in tutta Europa. Ergo, eccoci al qui presente Guitar Sketch, un brano originale (il trepido Not Tomorrow, scritto da Polacchini, inquietudini minimali e trepidazioni flamenco) e dieci rivisitazioni tra standard jazz (una notevole Blue Bossa, una briosa Take Five) e non solo (una saettante Besame Mucho). E se l’alternativa passasse anche un po’ da qui?
Questo sito è dedicato ai chitarristi acustici e si pone l’obiettivo di coinvolgere sempre più appassionati e musicisti per creare una comunità internazionale con una comune passione: la chitarra acustica. E’ naturale quindi vedere CD, demo, mp3, video che arrivano alla redazione aggiungendo al nostro lavoro nuove amicizie e nuove competenze. Tra le varie cose ricevute vorrei parlarvi di un duo chiamato “Bruskers” (www.bruskers.com) formato da Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi. Il CD intitolato Guitar Sketch è un lavoro molto interessante pieno di “unconventional new snob jazz ideas”. Non conosco personalmente i due chitarristi ma sicuramente cercherò di colmare questa mancanza al più presto. Fluidità e tocco rendono l’ascolto del CD piacevole e mai distratto, la scelta dei vari brani da arrangiare evidenzia una particolare competenza. Gillespie, Bonfa, Petrucciani, Brubeck sono solo alcuni degli autori su cui i due si sono sbizzarriti incrociando le loro chitarre, anche se la mia preferita è Blue Bossa di Dorham. Nota di merito anche per l’unico originale di Polacchini, Not Tomorrow. Speriamo di sentire a breve sempre di più, bella musica acustica e speriamo di incontrare i Bruskers in qualcuna delle manifestazioni chitarristiche italiane.